martedì 9 novembre 2010

CINEBIO Parte Terza


Se questo fosse un Romanzo di Formazione sono sicuro che l'autore, giunto a questo punto, cascherebbe in una di quelle trappole da cliché tanto banali quanto fastidiose e capaci di rendere insopportabile la lettura. Sono sicuro che troverebbe dei paralleli evidenti e marcati nel fatto che il mio primo Ricordo di un Film su Grande Schermo sia uno spezzone tratto da una pellicola il cui protagonista è un represso, vittima della società, incapace di raggiungere qualsivoglia tipo di traguardo nella vita...e il cammino intrapreso dal sottoscritto nei venticinque anni successivi!

Sono altrettanto sicuro che il nostro fine autore (auto nominatosi psichiatra in questo particolare frangente) si scaglierebbe con inaudita acidità contro coloro che hanno permesso che ciò avvenisse, contro i parenti che scelsero quel film in particolare e non, che ne so, “Ufficiale e Gentiluomo”, dove si narra di forza d'animo e coraggio nell'affrontare ogni genere di asperità sul proprio cammino (si parla anche di violenza, sesso, soldati maltrattati e angherie dei superiori...tutti elementi che gradirei tenere ancora lontani da mio figlio quando questi ha sei anni...ma non importa, non oserei contraddire questo arguto sproloquio, nemmeno per osservare che non avrei MAI potuto vedere “Ufficiale e Gentiluomo” quella sera perché uscito cinque anni prima!).

Infine chiuderebbe la sua arringa ribadendo la necessità di validi Modelli di Riferimento, anche nel Cinema, e tuonando contro il pessimo stato della Settima Arte, propensa ormai solo e soltanto a propinare idiozie, sesso e violenza ai giovani destinatari del nostro futuro.

Premesso che l'ultimo punto qua sopra è adorabile perché se tolto da un contesto legato all'anno 1986 e trapiantato nel nostro 2010 mantiene intatta la sua ottusità retrograda...per il resto mi sento di includere tutto il discorso qua sopra in un contenitore su cui apporre l'etichetta: “Cazzate”.


Il fatto è che io NON sono diventato un insicuro, problematico, lagnoso, nevrotico, fantasioso trentenne con una spiccata tendenza a evadere dalla realtà per colpa di “SuperFantozzi”...ho la certezza che lo sarei diventato NONOSTANTE “SuperFantozzi”, vale a dire un film che avrebbe dovuto mettermi seriamente in guardia sui rischi che correvo in un futuro prossimo! Direi che paragonarmi a uno dei personaggi più sfigati della Storia del Cinema comporti i suoi rischi: nei prossimi Post dedicati a questa "Collana" (si dirà così? Mah...) non credo che troverete una storia anche solo remotamente devastante come quelle che capitavano al celebre ragioniere e nessuna di quelle ferocissime umiliazioni alle quali era solitamente destinato (per quanto possa abbellire e rendere più sofferte e clamorose quelle da me vissute). Ma non credo nemmeno che definire una scena di questo film come mio ricordo iniziale di quella che in seguito sarebbe diventata la passione più vorace, intensa e totalitaria della mia vita possa essere un evento destinato ad avere delle conseguenze SOLO in virtù del suo contenuto e non invece della sua FORMA.
Credo sia questo il punto centrale: quella sera, seduto su poltrone che ricordo troppo grosse, nelle quali affondavo ma con una sensazione confortevole, immerso nel buio più totale data la mancanza di stelle in cielo in quella specifica circostanza, ipnotizzato da un fascio di luce che proiettava su uno schermo anch'esso enorme per i miei standard dell'epoca una storia in grado di coinvolgere così tante persone nello stesso luogo...ecco, quella sera capii che di questa faccenda del Cinema io ne volevo sapere di più. Amavo farmi raccontare storie, che fossero fumetti o libri o fiabe o racconti, e quel mezzo io lo interpretai semplicemente come un'evoluzione più spettacolare e grandiosa del narrare qualcosa.

Ovviamente queste considerazioni sono arrivate solo riflettendo su questo episodio a distanza di anni; all'epoca nessuna di queste verità assolute fece immediatamente capolino nella mia testa. Conservo alcuni nitidi ricordi della serata (la scena del film con il dinosauro piscione, l'atmosfera della sala buia e piena di gente che percepivo ma non vedevo) ma sono anche certo di non avere visto il film fino alla fine: a sei anni è improbabile che un bambino si goda 90 minuti o più di pellicola quindi va seriamente considerata la possibilità che mi sia addormentato o che dopo qualche minuto abbia iniziato a lagnarmi e convinto il parentado ad uscire dalla sala.

Il giorno dopo, probabilmente (qui i ricordi tornano indistinti) ci fu un'altra scarpinata verso la spiaggia, qualche litro di acqua salata inghiottito e tutta quella collezione di attività così irrimediabilmente uguali a loro stesse, giorno dopo giorno, ma mai noiose o fastidiose quando si è bambini perché rappresentano un DIVERSIVO dalla routine a cui ero abituato durante l'anno a casa mia. Proprio per la sua apparente normalità, nulla dello svolgimento di quella serata lasciava presagire che avesse lanciato il primo segnale di una passione totalizzante e fondamentale della mia vita, ma è avvenuto...e questo è accaduto indipendentemente dal film visto, dalla sala in cui lo proiettavano o al genere di persone che condividevano la pellicola con me.


Continua (3)...

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