venerdì 26 novembre 2010

giovedì 25 novembre 2010

Rivoluzioni per Conto Terzi

In un episodio della (bellissima) serie a fumetti "Y: l'ultimo uomo" (leggetela, ve lo impongo!!) avviene uno scontro letale fra Yorick, il protagonista, e la sorella Hero. Quest'ultima si è appena macchiata di un omicidio e il fratello le punta in faccia una pistola urlandole: "Sorella o no, hai appena passato il Rubicone, cazzo". La reazione di Hero è strepitosa: lo osserva mentre la canna della pistola è a pochi centimetri dal suo viso e gli chiede cosa sia il Rubicone e cosa voglia dire quella frase! Lui tentenna, ribadisce che si tratta di un modo di dire per indicare che lei ha passato il segno, ma Hero insiste: vuole sapere cosa sia esattamente il Rubicone. Data la scena muta e balbettante di Yorick, la ragazza confessa quanto avesse detestato l'amore incondizionato che il padre riservava al "colto" figliolo, specialmente perchè convinta che tutta questa Cultura personale, in realtà, fosse un bluff. "Ti piace ostentare quelle fesserie che impari a memoria dai libri, ma non capisci il mondo. Non come me".

Sapete perchè scrivo questo? Perchè più passa il tempo e più penso che in questo Paese esista una nutrita schiera di "Tuttologi" che ritengono di poter disquisire, sbrodolare e contestare solo in base ad una serie di nozioni imparate al volo, quasi sempre dalla stessa fonte. Si impilano una serie di convinzioni e ci si lancia in confronti dove si insulta chi sembra cozzare con il proprio credo, aggredendo in maniera tale da impedire all'interlocutore di "andare più a fondo" con qualche domanda che potrebbe creare disagio nell'arrogante aggressore. Personalmente cerco sempre di affrontare delle discussioni o dei confronti adottando l'atteggiamento più consono alla mia conoscenza del tema: meno ne so e meno mi dimostro arrogante nel timore di venire sputtanato (giustamente) da chi sia più informato di me. Evidentemente tale atteggiamento è ormai vetusto e fuori luogo.

Di recente noto la consuetudine di basarsi su specifici programmi TV di Informazione per costruirsi una "visione delle cose" e, tendenzialmente, non sarebbe una cattiva idea. Il problema è quando ci si limita a memorizzare TUTTO quello che viene detto e non lo si adotta come "Trampolino di Lancio" per le proprie opinioni...no, ciò che si è ascoltato diventa IL pensiero personale, punto e basta! Ci si esprime come i personaggi che si vedono in quel programma, se ne condividono le opinioni a scatola chiusa, non ci si interroga nemmeno un istante se ciò che è stato detto possa cozzare con le proprie convinzioni...quelle che galleggiavano in testa fino a pochi istanti prima delle ore 21.00.
Informarsi partendo dalla voce di persone competenti è cosa buona e giusta, ma non dovrebbe essere il Punto di Arrivo, bensì quello di Partenza! Si inizia ascoltando chi ne sa, si confrontano opinioni differenti ed ecco che la sensibilità, il carattere, l'ambiente in cui si vive, le proprie convinzioni politiche fanno il resto, portandovi a capire come la pensate realmente!! Non potete, al contrario, ritenervi onesti nè con voi stessi nè con gli altri se vi limitate a ripetere a pappagallo opinioni altrui. Rischiate soltanto che un giorno qualcuno vi fissi negli occhi e vi affossi con una semplice domanda, dimostrando inesorabilmente che senza quel salvagente di nozionismo non avete un'opinione personale su NULLA.

Il rischio che correte, in questo caso, è di ridurvi ad essere degli amplificatori e non dei microfoni.

martedì 9 novembre 2010

CINEBIO Parte Terza


Se questo fosse un Romanzo di Formazione sono sicuro che l'autore, giunto a questo punto, cascherebbe in una di quelle trappole da cliché tanto banali quanto fastidiose e capaci di rendere insopportabile la lettura. Sono sicuro che troverebbe dei paralleli evidenti e marcati nel fatto che il mio primo Ricordo di un Film su Grande Schermo sia uno spezzone tratto da una pellicola il cui protagonista è un represso, vittima della società, incapace di raggiungere qualsivoglia tipo di traguardo nella vita...e il cammino intrapreso dal sottoscritto nei venticinque anni successivi!

Sono altrettanto sicuro che il nostro fine autore (auto nominatosi psichiatra in questo particolare frangente) si scaglierebbe con inaudita acidità contro coloro che hanno permesso che ciò avvenisse, contro i parenti che scelsero quel film in particolare e non, che ne so, “Ufficiale e Gentiluomo”, dove si narra di forza d'animo e coraggio nell'affrontare ogni genere di asperità sul proprio cammino (si parla anche di violenza, sesso, soldati maltrattati e angherie dei superiori...tutti elementi che gradirei tenere ancora lontani da mio figlio quando questi ha sei anni...ma non importa, non oserei contraddire questo arguto sproloquio, nemmeno per osservare che non avrei MAI potuto vedere “Ufficiale e Gentiluomo” quella sera perché uscito cinque anni prima!).

Infine chiuderebbe la sua arringa ribadendo la necessità di validi Modelli di Riferimento, anche nel Cinema, e tuonando contro il pessimo stato della Settima Arte, propensa ormai solo e soltanto a propinare idiozie, sesso e violenza ai giovani destinatari del nostro futuro.

Premesso che l'ultimo punto qua sopra è adorabile perché se tolto da un contesto legato all'anno 1986 e trapiantato nel nostro 2010 mantiene intatta la sua ottusità retrograda...per il resto mi sento di includere tutto il discorso qua sopra in un contenitore su cui apporre l'etichetta: “Cazzate”.


Il fatto è che io NON sono diventato un insicuro, problematico, lagnoso, nevrotico, fantasioso trentenne con una spiccata tendenza a evadere dalla realtà per colpa di “SuperFantozzi”...ho la certezza che lo sarei diventato NONOSTANTE “SuperFantozzi”, vale a dire un film che avrebbe dovuto mettermi seriamente in guardia sui rischi che correvo in un futuro prossimo! Direi che paragonarmi a uno dei personaggi più sfigati della Storia del Cinema comporti i suoi rischi: nei prossimi Post dedicati a questa "Collana" (si dirà così? Mah...) non credo che troverete una storia anche solo remotamente devastante come quelle che capitavano al celebre ragioniere e nessuna di quelle ferocissime umiliazioni alle quali era solitamente destinato (per quanto possa abbellire e rendere più sofferte e clamorose quelle da me vissute). Ma non credo nemmeno che definire una scena di questo film come mio ricordo iniziale di quella che in seguito sarebbe diventata la passione più vorace, intensa e totalitaria della mia vita possa essere un evento destinato ad avere delle conseguenze SOLO in virtù del suo contenuto e non invece della sua FORMA.
Credo sia questo il punto centrale: quella sera, seduto su poltrone che ricordo troppo grosse, nelle quali affondavo ma con una sensazione confortevole, immerso nel buio più totale data la mancanza di stelle in cielo in quella specifica circostanza, ipnotizzato da un fascio di luce che proiettava su uno schermo anch'esso enorme per i miei standard dell'epoca una storia in grado di coinvolgere così tante persone nello stesso luogo...ecco, quella sera capii che di questa faccenda del Cinema io ne volevo sapere di più. Amavo farmi raccontare storie, che fossero fumetti o libri o fiabe o racconti, e quel mezzo io lo interpretai semplicemente come un'evoluzione più spettacolare e grandiosa del narrare qualcosa.

Ovviamente queste considerazioni sono arrivate solo riflettendo su questo episodio a distanza di anni; all'epoca nessuna di queste verità assolute fece immediatamente capolino nella mia testa. Conservo alcuni nitidi ricordi della serata (la scena del film con il dinosauro piscione, l'atmosfera della sala buia e piena di gente che percepivo ma non vedevo) ma sono anche certo di non avere visto il film fino alla fine: a sei anni è improbabile che un bambino si goda 90 minuti o più di pellicola quindi va seriamente considerata la possibilità che mi sia addormentato o che dopo qualche minuto abbia iniziato a lagnarmi e convinto il parentado ad uscire dalla sala.

Il giorno dopo, probabilmente (qui i ricordi tornano indistinti) ci fu un'altra scarpinata verso la spiaggia, qualche litro di acqua salata inghiottito e tutta quella collezione di attività così irrimediabilmente uguali a loro stesse, giorno dopo giorno, ma mai noiose o fastidiose quando si è bambini perché rappresentano un DIVERSIVO dalla routine a cui ero abituato durante l'anno a casa mia. Proprio per la sua apparente normalità, nulla dello svolgimento di quella serata lasciava presagire che avesse lanciato il primo segnale di una passione totalizzante e fondamentale della mia vita, ma è avvenuto...e questo è accaduto indipendentemente dal film visto, dalla sala in cui lo proiettavano o al genere di persone che condividevano la pellicola con me.


Continua (3)...

mercoledì 3 novembre 2010

CINEBIO Parte Seconda


Eravamo in vacanza in Romagna e ricordo un piccolo appartamento decisamente distante dal Mare anche se la cosa non mi dispiaceva. Il fatto che all'epoca trovassi bello percorrere un lungo tragitto per arrivare alla spiaggia perché mi dava l'impressione di “conquistarmi” l'agognato bagno mentre oggi sono propenso a brontolare anche solo se obbligato a percorrere IN AUTO una strada più lunga di quella preventivata per tornare a casa la dice lunga su come ci si possa adeguatamente rovinare nel corso dei decenni.
Giunti al mare, c'era il tradizionale bagno nell'acqua gelida, durante il quale io tentavo faticosamente di mettere in pratica i consigli di nerboruti insegnanti di nuoto con cui avevo avuto a che fare nella piscina del paesello in cui vivevo e dove invariabilmente finivo per inghiottire un quantitativo di acqua salata in grado di soffocarmi seduta stante. Mi limitavo così a saltellare dove riuscivo a toccare ma anche in quei casi non ero mai del tutto tranquillo: quando vedevo guizzare qualche animale fra i miei piedi avevo l'immediata consapevolezza che qualche assurdo mostro marino (un Kraken, probabilmente) mi avrebbe trascinato negli abissi nel giro di pochi istanti. Ero un bambino fantasioso e non pensiate che questa caratteristica vada considerata un pregio ventiquattr'ore su ventiquattro. A volte diventa una zavorra mentale che genera innumerevoli problemi dove non ve ne sono affatto.


Il pranzo al sacco si svolgeva rigorosamente a mezzogiorno e, una volta terminato, mi attendeva il lungo periodo di digestione durante il quale era severamente vietato buttarsi in acqua, pena una congestione che, nei racconti di parenti e amici, mi avrebbe trascinato a fondo come se avessi avuto un blocco di cemento legato alle caviglie. Per me non fu mai un problema ammazzare il tempo durante quelle due ore e mezza/tre nelle quali non potevo nuotare: avevo i miei fumetti, i miei giochi, i miei tentativi di costruire castelli di sabbia che in realtà si riducevano spesso a masse informi simili alle casette degli zii di Luke Skywalker in “Star Wars”!
(Per la cronaca: anche la mia certezza incrollabile sui rischi riguardanti il gettarsi in acqua subito dopo mangiato fu clamorosamente smentita alcuni anni dopo, quando vidi con i miei occhi un amico gettare la carta con cui aveva avvolto un panino dopo averlo divorato e scaraventarsi con tuffo a bomba in piscina senza subire danni apparenti...detto questo, io continuo a conservare l'abitudine di attendere più di due ore prima di immergermi perché SO per certo che se facessi come il suddetto amico affogherei...ci potrei scommettere!)


Al termine della giornata in spiaggia, solitamente, ci attendeva una serata fra le strade della cittadina, ovviamente affollate di turisti durante la stagione estiva. Ricordo di essere ritornato in quei luoghi per una breve vacanza qualcosa come quindici anni dopo e l'unico dettaglio che mi colpì fu la quasi totale mancanza di svaghi per i bambini. Niente giostre, niente parchetti, una minuscola sala giochi dove ci si addentrava facendosi largo fra grovigli di ragazzi in età liceale intenti a sacramentare mentre cercavano di non sprecare anche l'ultimo gettone. Non mi stupisce che l'unico passatempo che a sei anni potessi trovare interessante fosse il Cinema. Una sala all'aperto, come da tradizione nei luoghi di villeggiatura, e pronta a proiettare tutti i film della stagione passata a sostegno di chi si fosse perso qualcosa. Considerato il fatto che i DVD, all'epoca, non esistevano e che il mercato delle VHS era in sviluppo ma non ancora in grado di garantire l'uscita nelle videoteche di un film pochissimi mesi dopo la sua permanenza in sala come capita ora, queste proiezioni estive erano uno degli unici modi per rivedere qualche pellicola che era piaciuta nel corso degli anni o recuperare quelle che non si era fatto in tempo ad intercettare all'uscita.


Non credo che questa esaustiva spiegazione possa chiarire il motivo per il quale il mio primo ricordo cinematografico sia associato a “SuperFantozzi” ma ritengo che stabilisca bene un paio di punti chiave: 1)Gli svaghi serali per bambini, all'epoca, in quella cittadina erano di scarso appeal; 2)Un Cinema all'Aperto proiettava film di successo a poche vie di distanza dal centro; 3)I miei familiari avevano potere decisionale sullo svolgimento delle serate; 4)I miei familiari avevano altrettanto potere decisionale sulla pellicola che avremmo visto in caso di serata cinematografica e 5)Almeno 3 membri della famiglia (perché vanno inclusi, oltre ai miei genitori, anche gli zii...quando si andava in vacanza si tendeva a generare un'adorabile carovana) non disprezzavano affatto Paolo Villaggio e avrebbero gradito vedere “SuperFantozzi”. Ora unite i puntini numerati e vedrete emergere un bel ritrattino di me, bimbetto di sei anni, seduto su una poltrona le cui dimensioni mi apparivano ciclopiche, immerso nell'oscurità, che osserva le gesta di Ugo Fantozzi nella Preistoria, fra le risate degli altri spettatori.




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