domenica 20 giugno 2010

Soggettive Viziate

Molti anni fa, un sarto di Cleveland incontrò il Presidente Kennedy. Quest'ultimo aveva bisogno di un vestito, quindi si recò da quello che veniva definito "Il Re della Stoffa" in città. Il piccolo sarto capì che era un'occasione unica e realizzò a Kennedy il miglior abito possibile e immaginabile. Il Presidente lo adorò e ne commissionò una trentina.
Dopo due giorni, il sarto ricevette una chiamata dalla Casa Bianca: JFK voleva sapere quanto avrebbe chiesto per diventare il suo sarto personale! Lo avrebbe fatto trasferire a Washington con un intero staff a completa disposizione. Ovviamente una cosa simile scatenò l'entusiasmo dell'ometto, che investì tutti i suoi capitali per preparare i trenta abiti richiesti e il suo trasloco.
Peccato che, pochi giorni dopo, a Dallas, Kennedy fu ucciso.
Qui iniziarono i guai seri: non c'era NESSUN contratto firmato (all'epoca JFK era lontano anni luce da scandali e scandaletti...era senza la benchè minima macchia per un cittadino USA, quindi non me la sentirei di biasimare la fiducia del sarto), la Casa Bianca iniziò a non rispondere più alle sue telefonate, i trenta vestiti quasi ultimati non servivano più perchè, a Washington, nessuno sapeva chi fosse quel tizio. Fu il tracollo finanziario e personale per il sarto che solo molti anni dopo riuscì a riprendersi e ad esercitare la sua professione, ovviamente senza recuperare più il prestigio e la fama che aveva acquisito prima dell'incontro con Kennedy.


Perchè questa storia è interessante? Perchè chiunque senta raccontare questo aneddoto si ritrova a considerarlo una simpatica digressione su JFK, una di quelle vicende piccole e private di grandi uomini che contribuiscono ad abbatterne la scorza "epica", riportandoli all'altezza dei comuni mortali...ma pochissimi la interpretano per ciò che è veramente: l'evento che ha segnato la vita intera del sarto di Cleveland. Quest'uomo non si è più ripreso da allora e per il resto della sua esistenza ha dovuto fare i conti con ciò che era accaduto nel 1963. Eppure per tutti coloro che magari hanno scoperto questa storia proprio su questo blog l'istinto principale è stato quello di attribuirle la classificazione di "aneddoto minore" sul Presidente Kennedy. Probabilmente è una cosa normale: JFK è personaggio che istintivamente appare adatto per incarnare il "Protagonista"; il piccolo sarto sognatore sembra nato per interpretare il "Comprimario". Purtroppo le cose non stanno sempre così.
Tutti noi commettiamo questo errore nell'interpretare la nostra vita. Tutti noi ci attribuiamo il ruolo di Protagonista e trattiamo, anche incosciamente, chi ci circonda come Comprimario. Ci scordiamo sempre che noi in realtà assumiamo a nostra volta ruoli secondari nell'esistenza di qualsiasi persona incrociamo e di cui, dalla nostra soggettiva, intravediamo un semplice ruolo di spalla nel nostro film personale.
Forse è per questo che molto spesso commettiamo madornali errori, a volte anche letali. Ci ostiniamo a credere che, da protagonisti assoluti, non corriamo nessun pericolo perchè il ritmo narrativo non prevede colpi di scena in questa sequenza; non può accaderci nulla perchè il finale è decisamente distante e, quando arriverà, sarà clamoroso, eccitante, epico e "definitivo" come la partenza di Frodo nel finale de "Il Ritorno del Re" o come Don Chisciotte che cede allo strapotere della realtà dopo una vita pilotata dalla fantasia.
Credo sarebbe bello se iniziassimo a piantarla di guardare sempre tutto dalla nostra soggettiva inesorabilmente viziata, ma ho il vago sospetto che il cambio di prospettiva sia un'opzione che non hanno incluso nel nostro libretto di istruzioni.

Un ringraziamento al grande Brian Michael Bendis che, nel bellissimo "Goldfish", mi fece scoprire l'aneddoto qui sopra.

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